A Cesira…

Ciao mia amata piccola Cesira. Ciao mia patatina. Mi hai detto addio con tanto dolore. Ti sei addormentata per sempre tra le mie braccia guardandomi fino all’ultimo tuo respiro con quei due occhi sempre vigili e attenti per non perdermi mai di vista. Mi allontanavo ma eri sempre pronta a seguirmi con i tuoi occhi. Ovunque. Nulla ti faceva paura era sufficiente che fossi tra le mie braccia. Tu uno scricciolo di cane eri la mia paladina ed io il tuo rifugio. Ricordi quante volte entravi nella mia borsa quando in alcuni luoghi i cagnolini non potevano entrare. Lo capivi ti gettavi dentro velocemente e rimanevi muta, ferma fino a quando la riaprivo. Era il momento di uscire. Spero che tu ora possa stare bene senza quel dolore così forte che ti ha frastornato per una lunga settimana. Quanti ricordi meravigliosi ho di te entrata nella mia vita all’improvviso. Piccola come un topolino, ma da subito tenera, affettuosa. Immediatamente senza conoscermi mi hai sommersa di baci. Senza pudori senza tentennamenti. Chissà forse hai avvertito il mio grande bisogno di amore e di affetto specialmente in quel periodo così triste della mia vita. Da quell’istante non ci siamo più lasciate. Abbiamo viaggiato insieme, aerei, traghetti, automobile io e te la mia adorata compagna. E tu sempre allegra, avevi imparato anche a sorridere con la boccuccia protesa verso i miei occhi.

Sento ancora il tuo profumo. Sento ancora quel tuo modo di accoccolarti accanto a me. E lo hai fatto fino all’ultimo tuo respiro. Nella Clinica S. Francesco a Roma hanno fatto l’impossibile. Ti hanno amata da subito anche loro. Meravigliosi. Umani. Amorevoli e pazienti con me e con te. Con me perché nonostante avessi capito la gravità del male maligno che ti aveva colpito speravo e chiedevo continuamente conferme di una tua possibile guarigione. Ora mi hai lasciata. Sono disperata. Mi manchi. Sento ancora il rumore delle tue zampette. Odo il tuo baubau, che mi voleva accanto a sé. Sarai sempre nel mio cuore. E quel 12 marzo alle ore 16 il mio cuore ha avuto un tonfo. Farfallina mia debbo dirti grazie. Grazie per non avermi mai lasciata neanche nei momenti più tristi della mia vita. Ora come farò senza di te?

La tua mamma umana Francesca

Giacomo Ricci e la sua Cenerentola

rem_cenerentolaC’era una volta….e il sogno c’è ancora. Il sogno spesso non è sogno ma realtà e nulla è più utopistico pensare che non si realizzi. Un pensiero sciocco penserà chi legge. Ma molto spesso la vita ci meraviglia e ci fa gioire perché per una sconosciuta alchimia il sogno si realizza. E come nel finale delle migliori favole: tutti vissero felici e contenti.

Questo il messaggio che il regista Giacomo Ricci ha voluto donare nel riproporre a suo gusto e fantasia l’indimenticabile favola di Cenerentola recitata dalla compagnia teatrale del Maestro “L’Alternativa”.

Di fantastico Ricci, pur rimanendo fedele al personaggio della leggiadra fanciulla, ha mescolato una serie di realtà che oggi soffiano violentemente nel nostro mondo. Ci sono le sorellastre, la matrigna senza cuore ambiziosa e perfida. La noncuranza e la superficialità, eterni motori della dissolutezza. Ma una Cenerentola c’è sempre nel mondo, creatura pura e fedele nonostante il dolore, accetta con dignità l’oltraggio dell’umiliazione e della cattiveria della matrigna e delle sorellastre. E a questo punto il grande Ricci immette nella tenera storia della fanciulla un sodalizio che lascia intendere molte cose sui sentimenti reali della vita. La fedeltà e l’amore che il mondo animale e vegetale (allegoricamente i più puri) circondano la loro beniamina infondendole  amore, ottimismo e fiducia. E’ questo uno dei motivi per i quali la giovane lotta e sogna un futuro più lieto e ingordo d’amore. Che inevitabilmente arriverà.

Meritevoli di applausi tutti gli attori della Compagnia L’Alternativa che Giacomo Ricci  istrionico uomo di spettacolo ha saputo ben guidare dentro la storia fiabesca più amata.

UN PEPERONE UN PO’ BISLACCO

Stuzzicati nel loro orgoglio, i Peperoncini verdi decisero di organizzare una grande serata di arte culinaria. La contrada di Peperonia venne addobbata a festa. Furono chiamati per la spedizione i giovani Piccioni della città. Furono preparati dei graziosissimi biglietti d’inviti che vale la pena descrivere. I Peperoncini più giovani si legarono al loro picciolo un foglio, dove i più anziani della città avevano descritto alcune ricette che sarebbero state svolte nella grande serata. I piccoli così bardati furono sdraiati sul dorso dei giovani postini. Volando per tutta la città i postini gettavano dall’alto gli inviti e iniziò per la contrada di Peperonia una corsa a chi si sarebbe vestito meglio ed addobbato alla grande.

Caos più completo. Si formarono gruppi di Comari tra Galline ovaiole, Papere gialle come il sole, si vestirono a festa tutti gli altri animali. Ghirlande di margherite adornavano le teste delle Comari, alcune corone fatte con gli steli delle erbe divennero colletti per i maschi di Peperonia.

I Gufi anziani affittarono dei frak e le signore gufette si fecero fare delle collane tutte infiorate. Furono invitati anche alcuni serpentelli della zona, ma dovettero prima andare dal dentista Merlo Canino per farsi estrarre il dentaccio pungente. Andarono gli Scoiattoli, e tutti gli uccellini compresi dei pappagallini variopinti.

Fu allestito un grande buffet con ogni tipo di leccornìa. La tavola imbandita di Peperoni di ogni dimensione e colore circondati da Pomodori gagliardi e forti. Da bere offriono dei passati di mele e pere e frutti della passione.

Poi le comari Galline ovaiole prepararono dei dolci deliziosi farciti di frutta fresca e petali di rose.

Un banchetto così a Peperonia non si era mai visto. E la festa ebbe inizio.

La banda della Contrada era formata da Usignoli e Tortorelle. Il basso era Messer Ted il maialino. La musica ebbe inizio. Aprirono le danze il Sindaco Grilletto e signora eleganti da far paura e seguirono tutti i partecipanti. Dopo qualche ora di balli e volteggi ebbe inizio la sfilata.

Immaginate un palco grande e fiorito. Il presentatore MerloCiurlo iniziò a chiamare i concorrenti. Alle sfilate un coro di Oh, oh oh, che veniva dalla platea. Ovazioni di giubilo, allegria e tanto tifo dai parenti dei concorrenti.

Chi vinse? Erano tutti bellissimi i Peperoni. Ma vinse la coppa del “più bello della Contrada”, il piccolo peperone Roy. Era nato con un difetto al suo picciolo e aveva fatto il possibile per non partecipare alla gara. Ma i suoi amici avevano insistito. Lui non doveva sentirsi diverso da nessuno. E quando fu eletto il peperone più bello della Contrada tanto si emozionò che all’istante gli crebbe un picciolo così alto e colorato che divenne l’invidia degli amici. Da quel giorno tutti, ma proprio tutti capirono che la bellezza non è soltanto una questione di estetismo, ma anche un fatto di disinvoltura ed eleganza. Roy divenne il simbolo e l’eroe della contrada di Peperonia.

Ricetta di Peperoni

Tagliare i peperoni in pezzi consistenti.

Mettete della cipolla a fettine.

Cuocete il tutto con poca acqua fino a farla consumare.

Versatela in un piatto di portata con olio crudo, poco sale.

Bruscate delle fette di pane vecchio. Disponetele in un piatto largo e lungo.

Versateci sopra il composto di peperoni, guarnite con del basilico e…..assaggerete una golosità inimitabile.

Buon appetito

Le zuppe di Francesca e Roberto

Lo sapevate che le zuppe fanno bene ai bambini, ai genitori, agli scapoli, alle donzelle ed agli anziani. Giovano agli sportivi. E  a chi segue una dieta vegetariana. Ma soprattutto se in alcuni periodi siete stufi della carne o del pesce.

La zuppa di carote:

Circa mezzo kilo di carote, una bella cipolla (quella di Tropea è il top), del sedano, una piccolissima patata precedentemente lessata, olio q.b. poco sale (ricordate che il sale nuoce alla salute).

Si può fare in due versioni: io preferisco mettere tutto a crudo nel frullatore. Aggiungo un po’ di latte. Dovrete regolarvi secondo la densità che desiderate. Quando ho ben frullato il tutto lo verso in una pentola e lo faccio cuocere per qualche minuto. Prima di servirlo a tavola unisco un pizzichino di parmigiano e un del pepe bianco.

Potete anche aggiungere dei piccoli bocconcini di pane abbrustolito. (il pane raffermo è l’ideale).

 

La zuppa di carciofi è eccezionale.

Pulite dieci carciofi o quanti ve ne occorrono. Puliteli ben bene, lavateli con acqua fresca e metteteli a bagno con del limone per farli rimanere bianchi.

Prendete della menta, meglio quella selvatica.

Mettete al forno una fetta di zucca e fatela cuocere per qualche minuto.

Una patata lessata.

Uno spicchio di aglio ed una cipollotta preferibilmente fresca.

Una bustina di pistacchi e delle mandorle tostate.

Fate lessare per qualche minuto i carciofi. Non molto è importante che siano morbidi.

Unite gli ingredienti nel frullatore. Aggiungete olio q.b., sempre poco sale.

Nel frattempo avrete scaldato dell’acqua per un brodo vegetale. Va benissimo anche un pezzetto di dado vegetale. Frullate con il brodo caldo fino ad ottenere la consistenza che più desiderate.

Mettete al centro tavola una ciotola piena di pistacchi e mandorle tritate grossolanamente che ogni commensale potrà mettere nel piatto fumante di zuppa ai carciofi.

E’ una vera leccornìa.

 

Zuppa di funghi e fagioli cannellini.

I funghi sono molto buoni anche quelli congelati che si trovano nei Supermercati. Fateli appena scottare in una casseruola con aglio e una cipollotta (fresca sarebbe meglio).

Quando saranno morbidi metteteli nel frullatore dove avrete unito i fagioli cannellini (ottimi anche quelli in scatola, una costicina di sedano ben lavata e fatta a pezzettini. Poco olio, poco sale e un bicchiere di latte. Il latte magro va benissimo. Frullate fino alla consistenza desiderata.

A parte lessate dei quadrucci di pasta e quando è cotta scolate l’acqua di cottura ed unite il frullato di funghi e fagioli. Ottimo con del pecorino  e se lo desiderate pepe o peperoncino.

Per una cena tra amici vegetariani e golosi.

 

Zuppa di patate con gorgonzola.

Lessate quante patate vi occorrono.

Pelatele e mettetele nel frullatore. Unite del sedano a pezzetti e ben lavato, una punta di noce moscata e un po’ di curry.

Allungate il composto con dello yogurt magro e un po’ di latte. . Un po’ di sale e se gradite del pepe bianco.

Quando il composto è pronto versatelo in un piatto di portata. Unite del gorgonzola a piacere di e del parmigiano grattugiato.

 

Bacon e Ceci

Non è un passato di verdura ma un ottimo piatto per una serata speciale che volete regalarvi con degli amici buongustai.

Lessate dei ceci, ottimi anche quelli venduti già cotti. Sciacquateli sotto l’acqua corrente.

Insaporiteli in una casseruola dove avrete versato pochissimo olio, poca cipolla tagliata finemente e qualche pezzettino di aglio (se vi piace). Quando il soffritto è morbido versate i ceci e fateli insaporire per 5 minuti a fuoco lento aggiungendo un po’ di acqua per farli insaporire.

Soffriggete lentamente in una padellina delle fettine di bacon (in genere due per commensale).

Mettete le fettine di bacon in ogni piatto di portata e versateci sopra il composto di ceci.

Per arricchire la tavola mettete pezzetti pane raffermo che avrete passato nel forno bollente.

E in una tavola che si rispetti non deve mai mancare del pepe o peperoncino.

 

Alla prossima con altre gustose leccornìe da fare velocemente anche se hai pochi minuti.

 

Polpette di lenticchie

500 grammi di lenticchie cotte.

150 grammi di carne tritata

1 uovo

pecorino o parmigiano come preferite o tutti e due

pane grattato

Scolate bene le lenticchie e saltatele in padella per farle asciugare.

Unite il tritato, l’uovo ed il formaggio grattugiato a piacere. Sale, pepe qualche fogliolina di basilico (se vi piace).

Amalgamate bene l’impasto. Formate delle palline che friggerete in olio bollente.

Potete anche farle al forno adagiate in un tegame fino a cottura.

Io le preferisco. La frittura è ottima. Al forno sono buonissime e sicuramente leggerissime.

Servite calde. Vedrete che successo!!!! Specialmente i bambini ne mangeranno a volontà.

 

 

 

 

Il Merlo e la Comare e l’edilizia selvaggia

 C’è un Merlo che piange disperatamente. Le sue lamentele sono dolorose e pungono veramente il cuore. Perché un Merlo che si dispera è insopportabile. Il suo pianto non si calma e gli viene in soccorso la Comare Ernestina, la pappagalla a capo di una grande Comunità della quale poi vi narrerò.

Il pianto: ahi, ahi comare Ernestina piango perché non abbiamo più una casa, un alloggio sicuro. Ma ha visto come hanno distrutto la nostra collina, come hanno bruciato i nostri Pini secolari, hai visto che sorta di gigantesco edificio stanno costruendo quei bipedi degli uomini?

Comare Ernestina è basita. Sai Merlo, hanno cacciato anche noi che ora non sappiamo proprio come sopravvivere. Sono d’accordo con te. Era la più bella collina della zona. Ricordi i cespugli di rosmarino, le lantane colorate e i piccoli Pini che crescevano accanto a fiori selvatici e tanta erbetta fresca  e profumata di menta? Sapessi i miei figli come hanno pianto. All’improvviso, una mattina sono arrivati i Bipedi con delle macchine da paura. Hanno cominciato a scavare e scavare fino a quando della Collina e dei suoi meravigliosi frutti non è rimasto più nulla. Orrore, hanno gridato i miei piccoli. Mamma, mamma, salvaci. Butta fuori quei mostri. Beccali, pungili, falli fuggire.

E tu che cosa hai fatto? Chiede Merlo.

Cosa vuoi che abbia fatto. Siamo, è vero una grande colonia, ma come fai a metterti a lottare con degli energumeni che hanno persino un cappello di metallo in testa? Nulla si può fare contro la ferocia dei Bipedi. Ci hanno massacrato. E siamo dovuti andare via volando a più non posso.

Ed ora che faremo, chiede ancora Merlo.

Dobbiamo volare in cerca di altri Rami per nidificare. Certo è difficile. Roma era la città più bella del mondo. Pensa caro Merlo che noi Uccelli avevamo il privilegio che pochi hanno nel mondo dei Bipedi. Ci nutrivamo con le bacche delle campagne rigogliose della nostra città eterna. Potevamo nutrirci dei vermi così saporiti che qualcuno di noi è diventato anche grassoccio.

Non me ne parlare, risponde piagnucolando Merlo. Prima eravamo anche noi una popolazione di Merli pacifici e ben nutriti. Ora quando ci capita qualche verme da mangiare, sanno di polveri amare e spesso qualcuno di noi più gracile si ammala e perde le penne prima e poi la vita. Siamo disperati. Non sappiamo più come fare. Hai per caso qualche soluzione?

E quale? I Bipedi usano le armi, i bastoni e quando ci vedono ormai si mettono sulla difensiva. L’unica cosa è emigrare. Andare via da questa meravigliosa città. Non leggi i giornali che lasciano per la strada?

Di che parli Comare?

Parlo del crollo delle meraviglie di Roma. Parlo dell’edilizia selvaggia che ormai non rispetta più nulla in nome del dio Denaro.

E questo adesso chi è?

Ma Merlo caro sei proprio grullo. Non sai chi è il dio Denaro?

No. Non lo abbiamo mai conosciuto e voi?

Neanche noi: saprai che noi pappagalli siamo un po’ impiccioni e curiosi. Un giorno durante un’assemblea dei nostri anziani, tenutasi sopra una Quercia spettacolare della via Appia Antica, Il nostro Mestro ci han fatto vedere dei fogli colorati di carta e tanti pezzi di metallo.

Queste, ci ha detto il Maestro, sono il cibo dei Bipedi e si chiama Denaro. Se provate e beccarle morirete.

E allora? Che vuoi dire?

Semplice. Che il cibo sia indispensabile per vivere lo sappiamo. Noi amiamo i semi e le bacche. I Bipedi con il Denaro acquistano cibo e vestiti e altro.

Allora è giusto che abbiano distrutto la collina per costruire quel mostro di cemento?

No. Non è giusto. Avrebbero potuto farlo da un’altra parte. Il problema caro Merlo è il disinteresse che ormai c’è per la vita, umana e animale. E quei pochi Bipedi che si salvano, perché ce ne sono ed anche molti, non possono nulla contro quel dio Malefico che corrompe e macera gli animi di molti stolti. L’unica cosa sarebbe lasciarli soli. Veramente soli. Chiusi nelle loro Cattedrali mostruose che hanno costruito e per le quali si sono venduti anche le loro anime:

Emigreremo, caro Merlo. Prendi la tua famiglia ed i tuoi amici ed invece di piangere e disperarti cerca altre soluzione. Ce ne sono caro. Sì, ce ne sono.

Questa che vi ho narrato è una storia vera. Gli interpreti sono amici che ogni mattina vengono sul mio balcone per avere un po’ di cibo e di amore. Anche loro mi ricompensano. Ma nella maniera che i Bipedi non sanno fare: cinguettano e mi svolazzano vicino. E mi donano una grande felicità.

Raccontate la vostra che ho raccontato la mia.

Involtini di Carletto

 

Se vi piacciono le cotolette di carne panata vi passo una ricetta talmente golosa che non potrete fare a meno di fare e rifare. Come la conosco? Cucinata da un godurioso amico di nome Carletto simpaticissimo, un po’ siculo un po’ romano.

Le dosi sono ad occhio e a gusto.

Prendete delle fettine di carne sottili. Battetele ben bene. Passatele soltanto nel pane grattato, senza uovo. Schiacciatele ben bene e poggiatele in fila su di un tagliere.

In una ciotola capiente:  una buona dose di formaggio grattugiato (quello che più gradite), una manciata di pepe, piccoli pezzettini di prosciutto cotto e una spruzzatina di mozzarella a pezzettini. Girate ben bene l’impasto (senza uova mi raccomando) e mettetene un po’ sopra ogni fettina che già avrete panata. Terminata l’operazione e quando tutte le fette di carne saranno riempite dal composto giratele per farne degli involtini ben stretti che chiuderete con uno stecchino. Potrete gustarli in due modi: o alla griglia oppure al barbecau.

Bastano pochi minuti per cuocerli. Girateli ovviamente con delicatezza.

Un consiglio: fatene tante perché sono talmente golose che ci sarà una lotta a chi ne mangerà di più.

Parmigiana al forno di Pascuccia

Prendete delle melanzane ben nutrite. Affettatele e mettetele per un po’ sotto sale per togliere l’amarognolo.

Comprate della ricotta di pecora e del gorgonzola. Per due chili di melanzane  un etto di prosciutto cotto. Mezzo etto di parmigiano e mezzo di pecorino che mischierete.

Grigliate le fettine di melanzane q.b. deponetele in un piatto di portata e salatele (leggerissimamente. I sapori vengono dai formaggi).

Nel frattempo mescolate ricotta e gorgonzola e prosciutto cotto a pezzettini. Condite il tutto con una spruzzata di formaggio grattato. Se vi piace pepe o peperoncino.

Accendete il forno (che deve essere bollente 180 g.).

Ora un capiente tegame da forno. Ungerlo con qualche goccia di olio e spruzzatelo con del pane grattato.

Iniziate mettendo una fila di melanzane. Coprite le melanzane con il composto preparato in precedenza. Un altro strato si melanzane condite come sopra, fino a chiudere con le ultime fettine rimaste che copriranno il composto. Ora prima di infornarle prendete il resto del formaggio grattugiato rimasto, mescolatelo con un po’ di pane grattato, qualche pomodorino a pezzetti. E ora finalmente un po’ di olio d’olivo che condisce il tutto.

Infornate per il tempo di cottura necessario. Sopra il tegame si dovrà formare una crosticina dorata. Sarà il profumo ad avvertirvi. Piatto unico meraviglioso.

Avrete notato che un filo di olio si mette soltanto alla base del composto e alla fine. I formaggi sono già un valido condimento.

E…gnam gnam, buon appetito.

Ricetta di pesce gnam gnam

Questa ricetta mi è stata regalata da Jagoda. Una meravigliosa amica che è nata in Jugoslavia e da anni vive in Toscana che ha conservato molti modi di cucinare della sua Terra. Questa è la ricetta del pesce che ho trovato gustosissima e che si accompagna con bocconcini di polenta (anche fredda) spezzettata a tocchetti, al posto del pane.

Prendete del pesce (no i crostacei) infarinatelo da una parte e dall’altra. Mettete sul fornello una padella, mettete dell’olio e quando è molto caldo friggetelo da una parte e dall’altra deve risultare croccante.

Fatelo asciugare su una carta assorbente. Nel frattempo avrete preso una pentola per un delicato brodo dove volendo potete mettere la testa del pesce che avete fritto insieme a: cipolla, aglio, prezzemolo e un pomodoro a pezzetti. Salate leggermente (sempre poco il sale nuoce ricordatevelo). Quando il brodetto è insaporito mettete il pesce delicatamente e fatelo bollire per qualche minuto. Servite a tavola in un piatto capiente con accanto una nutrita fila di polenta. Ogni commensale servitosi della sua porzione bagnerà i tocchetti di polenta nel brodo preparato.  Se gradite pepe o peperoncino. Un eccellente matrimonio di sapori delicati e come piatto unico delizioso anche d’estate. Se avete ospiti la figura sarà eccellente.

 

Melanzane delle mie brame chi di voi è la più saporita del reame?

Il campo si animò. Le Zucche, i Peperoni, i Ravanelli e tante meravigliose Lattughe si misero in posa. Le melanzane furono chiamate in causa. Erano di tre razze diverse: una bianca e lunga, una viola e grassottella ed una viola tenue secca e lunga lunga. Ovviamente le mamme delle signorine melanzane si sentirono chiamate in causa. Bisognava agire in fretta perché ci sarebbe stata una selezione fissata alla fine del sesto giorno dalla chiamata ufficiale.

Si divisero in tre fazioni. Tra le bianche fu scelta Cloe. Giovanissima con un picciolo verde bottiglia e magra al punto giusto. Tea fu scelta tra le viola. Era un po’ formosa, ma aveva un certo garbo quando s’ inclinava, che la faceva diventare molto sexy. La violetta timidissima di nome Sirio non voleva partecipare. Le sembrava molto sconveniente per una giovane melanzana esporsi così di fronte a tutti. Sua madre, donna Giacinta, aveva molto insistito. Di origini siciliane Giacinta era una delle melanzane più sagge della contea di proprietà del contadino Rubbalisemi. Intanto era cresciuta vicino a un grande albero d’ulivo e pensava di aver accumulato molta saggezza e un particolare sapore. A suo tempo aveva rubato un paio di semi da una sua amica viola e li aveva interrati vicino a lei. Era molto giovane allora e Rubbalisemi vedendo questi semi strani vicino a lei glieli aveva innestati per vedere di creare una nuova specie. Ne era venuta fuori una vera chicca. Chiara, delicata, e di un sapore eccezionale che si poteva abbinare con qualsiasi altro sapore. L’aveva chiamata Sirio in onore della stella e in verità lei, Sirio era cresciuta come una piccola melanzana viziata e conscia della sua bellezza.

Ormai il suo campo era quello più visitato. Rubbalisemi era diventato ricco proprio grazie a questa nuova specie di chiare “donzelle” e quando seppe del Concorso si fregò le mani pensando già alla vittoria. Aveva discusso con il sindaco della contrada di Verduropoli, che in caso di vittoria gli aveva promesso un lungo viaggio con i prodotti vincitori al di là dell’Oceano.

Come potete ben immaginare il fermento per la preparazione della festa aumentava di giorno in giorno. Dalla vicina città di Godilbello erano arrivate due famose estetiste con valigie piene di prodotti di bellezza e profumi. Furono organizzate tre file di Melanzane. Ogni fila aveva il suo colore. I trucchi esclusivamente naturali. Una famosa casa di rossetti, la Labbrador aveva puntato su una serie di colori ricavati dalle fragole, dalle carote, dalle rose e dai girasoli. Ma non solo estetiste, anche due famosi chirughi estetici Svuotalapancia e Tirafuoriletette, furono chiamanti per qualche aggiustatina che secondo i moderni canoni estetici non guasta mai.

Le prime ad essere “abbellite” furono le Melanzane viola. Furono costruite loro due magnifiche “prime misure” e contemporaneamente a tutte fu “donato” un giro vita da sballo.

Inutile dirvi che caos tra le partecipanti. Le Melanzane bianche pretesero dal prof. Tirafuoriletette una seconda misura e dal prof. Svuotalapancia vollero un lato “B” come quello della famosa cantante Jennifer Lopez. Perché carie lettrici e lettori anche nei migliori campi arrivano notizie del gossip più casereccio. Furono accontentate. Sembrava proprio di assistere ad una riunione di bellezze tutte da aggiustare. Inutile dire quello che fecero le mamme. Potete immaginarlo. Chi si vantava del risultato delle proprie figlie esclamando che il merito era tutto dei loro geni. Mamme che pretendevano anche loro un’aggiustatina visto che erano lì. Il caos più totale miei cari lettori.

Quando ebbe inizio la sfilata il palco fu montato con un grande scivolo. (Non dimenticate che le melazane non hanno gambe) Scivolo che fu abbellito da una serie di ortaggi addobbati in pompa magna. Le Zucchine avevano riempito di margherite il loro fiore con anelli di fili d’erba. Le Zucche si misero intorno al loro picciolo tanti fiori Campanella che tintinnavano ad ogni loro rotolamento. Le Bietole, le Cicorie, i Broccoletti si unirono formando un grande fascio colorato e legato da lunghi fili di Bouganville rosse, rosa e gialle. Una festa, una grande festa alla quale parteciparono anche alcuni animaletti della contrada di Verduropoli. La signora Coccodè arrivò accompagnata dal signor Gallotti ed una nidiata di pulcini. Venne Perla, la lupa spelacchiata (perché attempata) che per l’occasione si era fatta cucire un gonnellino dalla coniglia Rosetta.

Tutta una festa. E finalmente arrivò il giorno fatidico. Rubbalisemi chiamò la tivvù, le Rane vennero con le radio. E la sfilata ebbe inizio. Chi gracchiava di qua, chi ululava di gioia di là, chi coccodeava di felicità. Abbiamo dimenticato la giuria composta da: la Lepre Scappachetisparo. La tartaruga Tina, che dovette essere presa di peso altrimenti sarebbe arrivata al banco della Giuria alla fine del concorso tanto era lenta. La rana Irma. Ed infine arrivò altezzoso come sempre il grande Giurì messer lo gufo Osvaldo con il suo monocolo appeso ad un’ala.

Tutte concitate le signorine Melanzane sfilarono. Chi scivolava fuori dal palco, chi invece ormai ridotta ad un velo di buccia sfilava sembrando più un cartone animato che altro.

Ma direte voi non mancano per caso le Melanzane bianche che sembrano albine?

Loro rifiutarono all’unisono le aggiustatine dai chirurghi. Mandarono a rappresentarle una giovanissima sorella certa Cloe. Lunga lunga, snella e coperta soltanto da un gonnellino fatto da steli di papaveri che si pavoneggiavano abbracciandola e sorridendo alla platea.

Dopo varie votazioni messer il gufo Osvaldo gufò con dovizia di particolari le vincitrici del concorso di bellezza.

Bianchina vinse il primo posto grazie alla gonnellina di papaveri. Vince Cloe anche perché non si pavoneggiò mai, era felice soltanto di aver partecipato. Vinse il secondo posto la Melanzana viola perché, lesse il gufo Osvaldo, si era distinta per l’educazione. Il terzo posto fu assegnato a Pecetta detta anche pasticciona, perché non sapendo dove mettere la protesi di una tetta che le era caduta, se l’era poggiata sul suo capino. E la cosa naturalmente fu tema di grandi risate benevole da parte del pubblico e della giuria che capì la modestia di Pecetta, nonostante l’ambizione di sua madre MaridiPeana.

Rubbalisemi era commosso. Il suo campo divenne il più bello della Contrada di Verduropoli.

Lunga la strada, lunga la via…..dite la….

IL CASALE DELLE OCHE GIULIVE

Una riunione nel Casale delle Oche giulive si teneva ogni fine mese per risolvere i problemi del condominio, oramai molto allargato ed abitato da altre razze di pennuti e quadrupedi. Era un condominio allegro, ma ovviamente con tanti problemi. La convivenza non era facile con chi voleva volare nelle ore più impensate disturbando con il battito di ali improvviso. Oppure con chi rumorosamente ragliava e grugniva per un tozzo di pane, che veniva poi regolarmente rubato dal famoso (nella storia) del terzo incomodo.

Ci voleva un po’ d’ordine, che diamine! Così pensarono delle signore Oche seccate da tanto baccano. Eleganza innanzi tutto, occhettavano le dame. Tutto si può dire o fare, ma ci vuole sempre una certa signorilità nei modi.

Quante ciance queste bigotte coccodeavano le miss Gallinefaraone. Ma chi credono di essere?

Siamo signore care pollastre da cortile. Siete abituate a zampettare nella vostra stessa sporcizia e mai una volta che vi abbia viste nell’acqua del Lago a lavarvi e profumarvi con i rami di rosmarino.

Siete soltanto delle povere schiave care Oche da strapazzo.

Insomma avrete capito che ormai nel condominio erano zuffe quotidiane. E non solo.

 Cavalli che nitrineggiavano sugli Asini accusandoli di essere volgari ed appartenenti alla più bassa borghesia, i Maialini che ogni giorno ormai andavano a rubare il cibo nella mensa in comune delle signorine Cavalline e delle signore Capre perché noi non vogliamo distruggere la nostra linea. Basta con i tuberi e il pane fatto in casa che ci propinate. Vogliamo anche noi avere una linea affusolata adatta ai tempi moderni.

La riunione si tenne nel cortile del condominio. Vennero le Mucche madri con i loro vitelli, le Pecore con i loro agnelli, le Galline, che per l’occasione erano andate nell’Istituto della visagiste Cornelia che le aveva messe a bagno in una grande vasca riempita per l’occasione di acqua del ruscello, dove galleggiavano orchidee, fiori di genzana, petali di rose selvatiche. Le aveva anche leggermente depilate, spuntato loro le ali a forma di cuore, ed in testa aveva legato con solidi fili d’erba delle margherite gialle e bianche, vennero con il loro pulcini tirati a lucido.

Inutile dirvi che sembrava più una sfilata di moda che una riunione di affari seri da discutere. Le femmine di tutte le specie sono fanatiche e ci tengono ad apparire in occasioni importanti.

L’amministratore delegato era una grande Giraffa, abbandonata a suo tempo perché priva di una zampa che gli era stata tagliata da un maldestro Buecornuto, che non aveva fatto in tempo a scansare il tagliaerbe. Era stata abbandonata presso il Casale delle Oche Giulive, curata a dovere e adottata dalla comunità. Il suo compito era di fare la portiera. Grazie proprio al suo lungo collo nulla poteva sfuggire ai suoi occhi. E vi assicuro che diminuirono notevolmente i furti e gli incidenti. Questa è la storia. Tutto abbastanza bene. Ci voleva soltanto qualche lezione di bon ton. Scelsero all’unanimità la prof.ssa Gufetta di Montecapriolo. Una nobile, ahimè decaduta, ma pur sempre una grande volatile di modi e di gusti.

Le disposizioni furono: ogni traversa della Contrada delle Oche Giulive era controllata da Messer LoLupo rosso. A ogni scorrettezza ulululava profondamente e prendeva il malcapitato per la coda o per le penne e lo costringeva a radersi completamente e girare per la Contrada fino a che non gli fossero ricresciuti gli abiti naturali.

Ci voleva anche un controllore per la via aerea. Fu chiamato all’ordine dalla Giraffa amministratore un Giffone. Scorrettezze in volo? Virata violenta, fino a prendere per un’ala l’indisciplinato. Rasatura totale anche lui. Il poveretto privato doveva appollaiarsi su un ramo di Pino (ovviamente il più basso) e subire il ridicolo dei passanti. I pulcini si comportavano male? Ebbene il loro sorvegliante che era il signor Tacchino Tobi, con i suoi lunghi barbigli, li prendeva e li puniva riportandoli a casa dentro una grande zucca vuota. Immediatamente ricevevano beccate nel loro sederino dalle Mamme miss Galline e una sonora grattata da messere Galloruspante.

Il Casale delle Oche giulive si trasformò ben presto in una grande scuola di educazione civica. Venivano da Paesi molto lontani. Vennero Cammelli, Colibrì, Zebre, Tucani… e venne persino un Orso Polare con suo figlio, il quale aveva distrutto un intero Villaggio di Igloo e per questo era stato tenuto in una gabbia di ghiaccio senza cibo per una settimana.

Nacque così una grande Comunità terapeutica che prese il nome di Collegio Internazionale delle Oche giulive, dove alle nuove generazioni, si insegnò: rispetto, cultura, concordia. E che se avessero messo in pratica gli insegnamenti avuti, sicuramente la loro vita sarebbe scorsa con meno problemi e con più amore e stima.

Larga la foglia stretta la via dite la vostra che ho detto la mia.